L’affaire Consip

di Daniele Pace Commenta

 Secondo molti analisti, l’affaire Consip non sarebbe stata una manipolazione, un complotto, ma solo una serie di interessi e operazioni svolte senza metterne al corrente il governo.

Una sorta di tesoretto nel quale buttarsi, un gioco degli interessi su cui si sono sfidati i carabinieri, la magistratura, parte della politica e parte dei servizi segreti, ognuno dei quali pensava di trarne il proprio vantaggio. Tutto per arrivare a pesare di più nei confronti del premier, e ottenere in cambio un qualcosa. Dall’inizio del luglio 2015, quando il Fatto Quotidiano pubblicò le intercettazioni tra il generale della Guardia di Finanza, Michele Adinolfi e Matteo Renzi sulla sostituzione di Enrico Letta, allora premier, sullo sfondo dell’inchiesta del magistrato Woodcock, solo il colonnello “Ultimo” sembra aver pagato la “svista”. La “svista” è quella dei quattro marescialli che avrebbero depositato, per errore, quelle intercettazioni, poi prosciolti da qualsiasi accusa.
Ma la “svista” servirà anche a mettere a nudo l’anomalia dell’utilizzo degli uomini antimafia per reati nella pubblica amministrazione, con successive lotte di potere all’interno dell’Arma.

Il risultato è la destituzione di De Caprio, “Ultimo”, dal Noe. L’uomo che aveva arrestato Riina, che si muoveva ai margini della legalità per la lotta alla mafia e al terrorismo senza che dovesse rispettare le gerarchie militari dell’arma, è stato così rimesso nei quadri. Un gioco di servizi segreti e mosse politiche, venuto alla luce e con ancora molti punti oscuri.