Il lavoratore che non accetta il trasferimento può essere licenziato per motivi disciplinari

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Il lavoratore che non vuole trasferirsi presso una nuova sede lavorativa in un'altra città può essere licenziato per motivi disciplinari.

La Corte di cassazione con la sentenza n. 7045/10 del 24 marzo, chiarisce un tema molto delicato in tema di licenziamento.

Viene stabilito che il lavoratore che non vuole trasferirsi presso una nuova sede lavorativa in un’altra città può essere licenziato per motivi disciplinari.

Quindi non c’è nessun licenziamento in tronco senza una preventiva comunicazione alle organizzazioni sindacali di settore, bensì un licenziamento per motivi disciplinari.

La storia da cui nasce questo caso riguarda una lavoratrice, il cui posto di lavoro è stato spostato da Vicenza a Treviso. Dopo ben 7 mesi in cui la donna non si è presentata alla nuova sede di lavoro, il datore l’ha invitata a riprendere l’attività.

Dopo il seguente rifiuto è arrivato il licenziamento in tronco, ed il pronto ricorso della lavoratrice, con cui è stato eccepito che l’atto di recesso dal rapporto di lavoro che aveva fatto seguito al trasferimento dovesse riconoscersi come disciplinare e quindi illegittimo per palese violazione dell’articolo 7 della legge 300/1970 nonché degli articoli 32 e seguenti del contratto collettivo di categoria.

La Cassazione accoglieva il ricorso nel punto in cui eccepiva che si trattava di licenziamento disciplinare e che non erano state adottate nei suoi confronti le garanzie sindacali.

La Cassazione ha anche sottolineato che il licenziamento deve essere assoggettato alle garanzie previste a favore del lavoratore dal secondo e terzo comma dell’articolo 7 della legge 300/1970.