Cassazione annulla sentenza Dell’Utri

di Gianni Puglisi Commenta

Secondo i giudici della Cassazione che avrebbero invalidato la sentenza d'appello, dunque, non solo non vi sarebbero gli estremi per condannare Marcello dell'Utri bensì nemmeno quelli per accusare il braccio destro di Silvio Berlusconi.

18 anni di accuse, procedimenti, prove indiziarie e sentenze non sarebbero sufficienti, secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella giornata di ieri, per condannare, definitivamente, l’ex senatore del Partito delle Libertà Marcello Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa.

DELL’UTRI CONDANNATO PER MAFIA

L’impianto accusatorio stesso, stando alle dichiarazioni che il sostituto procuratore generale della Cassazione Francesco Iacovello avrebbe rilasciato al termine delle consultazioni, cominciate nella prima mattinata di venerdì 9 marzo 2012, sarebbe interamente da invalidare poiché l’accusa stessa di concorso esterno, definizione definita obsoleta e priva di qualsivoglia valore da Iacovello, non sarebbe in grado di reggersi su stessa nel caso in cui le presunte frequentazioni di Dell’Utri con presunti boss mafiosi vengano per un momento soltanto considerate come semplici frequentazioni.

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Inoltre: “Nessun imputato deve avere più diritti degli altri, ma nessun imputato deve avere meno diritti degli altri: e nel caso di Dell’Utri non è stato rispettato nemmeno il principio del ragionevole dubbio. L’accusa non viene descritta, il dolo non è provato, precedenti giurisprudenziali non ce ne sono e non viene mai citata la sentenza “Mannino” della Cassazione, che è un punto di riferimento imprescindibile in processi del genere”.

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Secondo i giudici della Cassazione che avrebbero invalidato la sentenza d’appello, dunque, non solo non vi sarebbero gli estremi per condannare Marcello dell’Utri bensì nemmeno quelli per accusare il braccio destro di Silvio Berlusconi poiché in nessun grado del lunghissimo procedimento penale nei confronti di Marcello dell’Utri sarebbero state presentate prove idonee a sostenere quell’accusa.