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Riforma dell’università: seconda parte

Per raggiungere gli obiettivi dichiarati, il ministro dell’Istruzione ha identificato numerosi piani d’azione da porre in essere. Essi saranno oggetto di approfondimento al momento del varo del disegno di legge governativo sul riassetto dell’intero sistema, ma qualche primo assaggio lo ritroviamo anche nel decreto-legge già emanato la settimana scorsa.

Per prima cosa, si dovrà provvedere a razionalizzare e a ridurre drasticamente i corsi di studio e gli insegnamenti impartiti, con particolare severità verso quei corsi frequentati magari da poche decine di studenti in tutta Italia.

Per motivi analoghi di contenimento e razionalizzazione delle spese, nonché di lotta alla dispersione degli studenti (in specie quelli del primo e secondo anno), si dovrà provvedere al più presto a chiudere o ad accorpare quelle numerosi sedi universitarie decentrate e sparse nel territorio, anch’esse spesso frequentate da una popolazione studentesca molto ridotta rispetto ai costi relativi.


In realtà, l’autonomia di cui godono gli atenei italiani comportano che siano i rettori e i presidi di facoltà a dover prendere le relative decisioni. Ma per offrire un forte incentivo nelle direzioni indicate, il ministero si appresta a tagliare pesantemente i fondi alle università più riottose e al contrario ad incrementarli a favore degli atenei più virtuosi che provvederanno ai ridimensionamenti indicati.


È comunque previsto lo stanziamento di rilevanti fondi per nuove borse di studio e per l’edilizia universitaria (circa 200 milioni nel complesso), mentre dal 2010 scatteranno i tagli di Tremonti. Resta dunque poco più di un anno per riformare nel senso della qualità e della razionalizzazione il sistema universitario italiano, per rendere meno doloroso l’impatto dei tagli in arrivo.