Contabilità domiciliata non prova il mandato

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La domiciliazione della contabilità presso il commercialista non basta a dimostrare l'esistenza di un rapporto professionale.

La terza sezione civile della Cassazione (9917/2010) fissa i principi del vincolo contrattuale, e di responsabilità professionale, nel caso in esame tra un barista di Reggio Calabria e il suo presunto commercialista, domiciliato a Roma.

Secondo la sentenza la domiciliazione della contabilità presso il commercialista non basta a dimostrare l’esistenza di un rapporto professionale.

Questo deve essere provato con molti più elementi. La Cassazione inoltre ha stabilito che la responsabilità nei confronti del cliente presuppone sia la prova del danno che una valutazione prognostica su quanto non fatto dal consulente e il risultato che la sua diligenza avrebbe potuto raggiungere.

Nel caso in questione l’esercente scaricava sul professionista le contestazioni di irregolare tenuta della contabilità e gli imputava di non aver presentato ricorso alla Ctp sull’accertamento da 82 milioni di lire.

I giudici non hanno ritenuto sufficiente la semplice testimonianza per ritenere esistente il rapporto di consulenza fiscale tra un bar calabrese e uno studio di Roma.

I giudici hanno citato tre precedenti (10966/2004, 21894/ 2004 e 7997/2005) che dicono che “la responsabilità per colpa professionale implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole dell’azione giudiziale che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente seguita”.