Software pirata sentenza Cassazione

di Redazione Commenta

La Cassazione propone una netta distinzione tra le aziende ed i liberi professionisti.

Arriva un’importante precedente dalla Corte di Cassazione, che con la sentenza n. 49385 del 22 dicembre 2009, ha stabilito molte attenuanti per il libero professionista che fa uso di software non coperto da marchio SIAE, ossia piratato o comunque copiato.

La Cassazione propone così una netta distinzione tra le aziende ed i liberi professionisti, assimilati in questo caso ad un privato, il quale non utilizza il programma copiato a scopo di lucro.

L’azienda invece, secondo la Cassazione, svolge sempre attività finalizzate al lucro, perciò l’uso di software piratato è sempre condannato.

I liberi professionisti vengono equiparati invece ai privati che con il software anche piratato non mirano ad un guadagno diretto, proprio per questo la Cassazione “giustifica” l’utilizzo di programmi copiati a quest’ultima categoria, per la quale le pene sono nettamente inferiori rispetto a quelle per le aziende.

Comunque la copia e la diffusione di materiale piratato, online o fisicamente, è sempre riconducibile al reato di furto o alla ricettazione, perciò le pene sono molto severe. Inutile dire che questa sentenza della Corte di Cassazione farà molto parlare di sé, in quanto praticamente consente l’utilizzo di materiale pirata se non finalizzato al lucro.