Aumento dell’IVA sulla PayTV, SKY infiamma la politica

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L’aliquota agevolata fu decisa nel 1995 all’epoca del governo Dini, con la dichiarata intenzione di favorire..

Fra tutte le norme del decreto anti-crisi, è una delle poche con cui lo Stato cerca di fare cassa: l’intenzione è quella di elevare l’aliquota IVA sui servizi offerti dalle televisioni digitali satellitari dall’attuale 10% al 20%.

L’aliquota agevolata fu decisa nel 1995 all’epoca del governo Dini, con la dichiarata intenzione di favorire la diffusione nel nostro Paese della nuova tecnologia di comunicazione, già ben diffusa in altri Paesi. Telepiù e Stream muovevano allora i primi passi e la maggioranza di centrosinistra ritenne utile aiutarle a rafforzarsi proprio con l’applicazione di una tassazione agevolata.

Tredici anni dopo, l’attuale Governo ritiene che non vi siano più particolari motivi per mantenere quest’agevolazione, e si appresta a riportare l’aliquota al livello ordinario.


Ma è scoppiata la bufera. L’intera opposizione, compatta, ritiene questa scelta la più evidente prova del conflitto d’interessi di Silvio Berlusconi, proprietario delle reti televisive Mediaset, nei cui confronti Sky (unico operatore satellitare) appare come diretto concorrente.

Il centrodestra rinvia le accuse al mittente, rilevando che le offerte televisive di Sky e Mediaset sono oggi ben differenti (Mediaset Premium naviga col segnale digitale terrestre), e che comunque nel prossimo futuro il Biscione si appresta a sbarcare proprio sul satellite, sopportando dunque la stessa tassazione dell’azienda guidata da Rupert Murdoch.


Ma la polemica non sembra destinata a rientrare facilmente. Il fatto che l’IVA, come noto, finisca per pesare esclusivamente sul consumatore finale sembra smentire clamorosamente la famosa promessa espressa in campagna elettorale dal Cavaliere: “Non metteremo mai le mani nelle tasche degli italiani”.
Anche diversi esponenti del PdL temono che questa mossa si trasformi in un autogol per il centrodestra, e lo stesso Berlusconi sembra possibilista sull’idea di ritirare questa parte del decreto, sebbene affermi che così “la sinistra difende i ricchi”.