Nell’ambito della politica economia e, forse è meglio dire, della politica fiscale del nostro governo è da parecchio tempo ormai che si sente parlare della tassazione delle sigarette elettroniche. E, ovviamente, di un argomento così delicato, se ne sente parlare in tutti i modi: c’è chi è a favore e chi, ovviamente, si batterebbe strenuamente contro la tassazione. Ma la questione è più delicata del previsto o di quanto potrebbe sembrare a una prima lettura perché sono legati a doppio filo argomenti che riguardano gli introiti economici dello stato e della nostra economia nazionale da un lato, e la questione della salute.
Una tassa morale
Ma, come nostra abitudine consolidata ormai da lungo tempo, è necessario procedere con ordine nella nostra riflessione sull’opportunità o meno di procedere ad un piano di tassazione sulle sigarette elettroniche. A conti fatti le voci di corridoio hanno fatto trapelare un revival dell’intento di tassare le sigarette elettroniche in seguito al congelamento dell’aumento dell’Iva previsto proprio per queste settimane. Ma è ovvio che cercare di recuperare quella quota di gettito fiscale proveniente dall’aumento dell’Iva con la tassazione delle sigarette elettroniche genera una serie di problemi (leggi anche: Saccomanni: ridurre la spesa pubblica).
Il sistema sanitario nazionale
A conti fatti si tratterebbe di tassare un metodo con cui molti fumatori provano a smettere di fumare, vale a dire un metodo attraverso il quale ogni fumatore si sta occupando della propria salute personale. E quindi, stando così le cose, sarebbe possibile anche tassare tutti gli altri metodi utilizzabili per smettere di fumare. E, ancora, il discorso potrebbe rovesciarsi: perché la tassazione delle sigarette elettroniche porterebbe molti fumatori a non smettere più e a continuare a preferire le sigarette tradizionali a quelle elettroniche con il risultato di aumentare i costi derivanti da possibili malattie per il sistema sanitario nazionale (leggi anche: Il rapporto di Confindustria).