La legge Cirami fu voluta dal senatore del PdL per venir meno alle mancanze del codice di procedura penale in termini di ricusazione del processo. Oggi è tacciata come legge ad personam perchè cercò di favorire Berlusconi nel corso del processo SME.
LEGITTIMO SOSPETTO
La legge in questione, che prende il nome del suo primo firmatario, il senatore del PdL (Popolo della Libertà) Melchiorre Cirami, fu approvata il 7 novembre del 2002.
Il provvedimento si è reso necessario, poiché intercettava, rettificandola, una mancanza fondamentale dell’articolo 45 del codice di procedura penale, affiancando al rischio per la sicurezza e all’incolumità pubblica il legittimo sospetto dell’imparzialità dell’organo giudicante quale causa della remissione o ricusazione del processo penale ad altra sede.
Grazie a questa legge, qualora l’imputato o il pubblico ministero sospettino della venuta mancanza della terzietà del giudice, possono fare legittimamente richiesta di ricusazione del processo ad altra sede, vedendosi contrastare in questa particolare procedura dalle altri parti coinvolte e sottostando alla decisione della Corte Suprema di Cassazione, unico organo preposto ad assumersi la responsabilità d’una tale decisione.
Le legge, infine, prevede che il nuovo giudice non possa basare il proprio giudizio sulle prove e sugli indizi eventualmente già presentate in aula. L’intero processo, dunque, non viene soltanto rimesso ad altra sede, bensì viene annullato e rivisto in ogni minimo particolare.
Dalle parole di Melchiorre Cirami: “Per i supremi giudici la rimozione del giudice non imparziale per ragioni ambientali era diventata una lacuna del nostro Codice che lo differenziava in senso negativo e comprometteva fortemente lo sviluppo della caratterizzazione in senso accusatorio del nostro processo penale.”
Questa è una delle cosiddette leggi ad personam di Silvio Berlusconi.
Il sospetto che il governo abbia varato una simile misura precauzionale in favore dell’allora premier Berlusconi è incrementato dal fatto che a quei tempi, tra il 2000 ed il 2003, il Presidente del Consiglio venne coinvolto nel caso SME, insieme a Cesare Previti e Renato Squillante, e cercò di utilizzare la neo emanata legge sul legittimo sospetto per trasferire il processo da Milano a Brescia o, alternativamente, a Perugia per guadagnare tempo ed ottenera la prescrizione dei reati.
La Corte di Cassazione, però, bocciò l’istanza presentata dall’illustre imputato che, comunque, venne assolto da ogni capo d’imputazione.