Cos’è il processo Mediatrade

di Gianni Puglisi Commenta

Cos'è il processo Mediatrade e per quale motivo ha coinvolto, sino ad oggi, il presidente del consiglio Silvio Berlusconi.

Il giudice per l’udienza preliminare Maria Grazia Vicedomini avrebbe deciso, proprio oggi pomeriggio, di rinviare a giudizio, per il cosiddetto Processo Mediatrade, soltanto Piersilvio Berlusconi e Fedele Confalonieri prosciogliendo, invece, l’imputato di lusso Silvio Berlusconi, attuale presidente del consiglio, “per non aver commesso il fatto”.

Ci si chiederà, comprensibilmente e vista la confusione generatasi, in queste ore, intorno alla vicenda, in cosa, precisamente, consista il fatto contestato, sino ad ieri, anche al nostro premier e cosa riguardi, con esattezza, il suddetto processo.

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Ebbene il Processo Mediatrade, che affonda le proprie radici nella prima metà degli anni 2000, riguarderebbe la presunta, illegale, compravendita di diritti televisivi, i cui prezzi sarebbero stati gonfiati mediante ripetuti passaggi attraverso compagnie off-shore, con lo scopo di arricchire, in nero, i protagonisti della scabrosa vicenda.

In particolare, come si evince dagli atti della procura, al centro dello scandalo, dal quale avrebbe preso il via l’azione legale contro i due Berlusconi e Fedele Confalonieri, vi sarebbero ripetuti episodi di sovrafatturazione dei diritti televisivi acquistati presso le più importanti major americane.

Per ottenere il risultato previsto, sempre secondo le indagini degli inquirenti, RTI e Mediatrade (da qui il nome del processo), allora di proprietà di Fininvest, si sarebbero rivolte ad un imprenditore egiziano, di nome Farouk Agrama, che avrebbe acquistato, in nome e per conto delle suddette compagnie, importanti format televisivi statunitensi che, poi, avrebbe rivenduto, ad un prezzo maggiorato grazie al passaggio in varie società fittizie domiciliate nei più rinomati paradisi fiscali terrestri, proprio a Fininvest.

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In questo modo, seguendo cioè questa particolare procedura, Fininvest avrebbe potuto scaricare, ai fini delle detrazioni fiscali, somme decisamente superiori a quelle realmente corrisposte.

Come se ciò non bastasse, inoltre, la differenza tra quanto effettivamente pagato e quanto fatturato avrebbe permesso agli imputati non solo di evadere le tasse, bensì anche di accumulare un ingente somma monetaria, pari a 280 milioni di euro, accuratamente nascosta all’estero, e di cui avrebbero beneficiato.

Nel caso specifico di Silvio Berlusconi, però, come dichiarato dal giudice grazie alla sentenza odierna, egli non avrebbe mai preso parte ai commerci illegali intrattenuti da Piersilvio Berlusconi, Fedele Confalonieri e Farouk Agrama ai danni dello Stato ne avrebbe mai beneficiato delle somme monetarie accumulate e conservate illegalmente.

Si riteneva, però, che gli si potesse imputare una qualche forma di partecipazione, sebbene gli eventi indagati siano successivi all’uscita di scena di Berlusconi da Mediaset, grazie alla presenza di prestanomi.