Unioni civili, dal ddl Cirinnà al nuovo testo in approvazione

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Il ddl Cirinnà sulle unioni civili è stato stravolto da un maxi emendamento che ne ha eliminate tutte le questioni più spinose. Oggi il governo ha deciso di porre la fiducia, sapendo di avere la maggioranza alla Camera, in modo da approvare il nuovo testo di legge sulle unioni civili, senza ulteriori modifiche.

Il ddl Cirinnà è diviso in due parti: in una si spiega in cosa consistono le unioni civili così come le intende la legge, nella seconda parte invece si parla dell’estensione dei diritti delle coppie sposate anche ai conviventi. Proviamo a riassumere tutto di seguito, ricordando che il disegno di legge Cirinnà è stato già approvato al Senato e ora se ne attende l’approvazione alla Camera.

L’obiettivo è quello di regolamentare le coppie di fatto ma senza parlare di matrimoni. Soprattutto quando l’unione civile è tra persone dello stesso sesso, si parla di “specifica formazione sociale”. Come spiega Il Post, ci sono persone che non possono contrarre un’unione civile:

Non possono contrarre unioni civili le persone che sono già sposate o sono parte di un’unione civile con qualcun altro; quelle interdette per infermità mentale; quelle che sono parenti; quelle che sono state condannate in via definitiva per l’omicidio o il tentato omicidio di un precedente coniuge o contraente di unione civile parte; quelle il cui consenso all’unione è stato estorto con violenza o determinato da paura.

Nelle unioni civili, inoltre, (come spiega sempre il Post) a differenza dei matrimoni, “non è presente l’obbligo di fedeltà, quello di usare il cognome dell’uomo come cognome comune, l’obbligo di attendere un periodo di separazione da sei mesi a un anno prima di sciogliere l’unione (bastano tre mesi), la possibilità di sciogliere l’unione nel caso che non venga “consumata” e di fare le “pubblicazioni” prima di contrarre l’unione. Non c’è soprattutto la possibilità di chiedere l’adozione del figlio biologico del partner, la stepchild adoption, prevista nella stesura iniziale della proposta”.

Una volta esaurite le definizioni si arriva alla convivenza di fatto, quella che possono contrarre anche due persone che non sono sposate, attraverso una scrittura privata. I conviventi, hanno così gli stessi diritti dei coniugi nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario, in caso di malattia e ricovero ma anche in caso di morte.

La seconda parte della legge si occupa di convivenza di fatto tra due persone, sia eterosessuali che omosessuali, che non sono sposate e che potranno stipulare un contratto di convivenza per regolare le questioni patrimoniali tra di loro: potranno farlo attraverso una scrittura privata o con un atto pubblico che dovrà poi essere registrato da un notaio o da un avvocato e trasmesso al registro anagrafico comunale. I conviventi di fatto avranno gli stessi diritti del coniuge nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario, in caso di malattia o ricovero, in caso di morte.

Interessante come in caso di cessazione della convivenza di fatto, il giudice può stabilire il diritto del convivente di ricevere dall’altro gli alimenti se ne avesse bisogno. Il mantenimento è per un periodo proporzionale alla convivenza, la quale però non dà diritto alla reversibilità.