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Eluana, è guerra fra il Governo e il Quirinale

Il tragico caso di Eluana Englaro ha ormai travalicato i confini della cronaca ed è divenuto terreno di scontro diretto fra le massime istituzioni dello Stato. La giornata di venerdì 6 ha segnato un punto di svolta nell’attuale legislatura, e soprattutto nei rapporti fra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il capo dello Stato, Giorgio Napolitano.

Palazzo Chigi, infatti, ha varato un decreto-legge per il quale le fasi di alimentazione e idratazione di un malato non sono da considerarsi come normali trattamenti sanitari, dunque rifiutabili dall’interessato, bensì come un sostegno vitale indisponibile.


Molte indiscrezioni lasciano trapelare che diversi ministri avessero delle perplessità, ma alla fine il premier avrebbe imposto che si votasse all’unanimità, pena la rimozione dei dissenzienti dalle poltrone ministeriali .
Durante la riunione del Governo è arrivato un messaggio di Napolitano (fatto “irrituale”, a detta di tutti), che preavvisava di non ravvedere gli estremi di necessità e urgenza richiesti dalla Costituzione per il varo di un decreto-legge, ma Berlusconi ha preferito andare avanti per motivi di coscienza (“non mi volevo sentire responsabile di omissione di soccorso per una persona in pericolo di vita”, spiegherà più avanti).
Come previsto, Napolitano non ha controfirmato il decreto: nella storia della Repubblica un fatto simile era accaduto solo altre quattro volte.


A quel punto, il Governo ha attuato la sua contromossa: nuovo Consiglio dei Ministri e travasamento del testo del decreto in un disegno di legge. Berlusconi conta sul sostegno della maggioranza dei parlamentari e richiede a Fini e Schifani di programmare la votazione in tempi rapidissimi.
Ma soprattutto, Berlusconi ha ventilato il ritorno alle urne per irrobustire la maggioranza e poter così modificare la Costituzione senza intoppi, per esautorare il Quirinale dal potere di bloccare le iniziative del Governo.