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Legge Gasparri sul riassetto del sistema radiotelevisivo

Una delle leggi più discusse degli anni 2000, a firma Maurizio Gasparri  (Popolo della Libertà) è quella approvata dal Parlamento italiano il 29 aprile 2004 in materia di riassetto del sistema radiotelevisivo italiano. Con questa legge, inoltre, si delegava al governo la promulgazione di un testo unico sulla radiotelevisione.

Il provvedimento in questione, chiamato legge Gasparri dal nome del suo primo firmatario, l’allora ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri, è considerata dalla stampa specialistica quale una delle più controverse leggi mai emanate dal Parlamento, promulgata esclusivamente per favorire le reti televisive Mediaset (possedute da Silvio Berlusconi tramite la Finivest) e sfavorire, ove non eliminare (vedasi la drastica riduzione delle inserzioni pubblicitarie su RAI 3), la concorrenza.


PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA LEGGE GASPARRI

La legge Gasparri, secondo il legislatore, è una vera e propria revisione sistematica del sistema televisivo italiano che intende intercettare e sistemare i buchi legislativi lasciati in materia dalle precedenti leggi Mammì del 1990 e Maccanico del 1997.

Principi fondamentali sono:

– definizione del SIC (Sistema Integrato delle Comunicazioni) che ora comprende editoria, internet, televisione e radio

– riduzione dei possibili guadagni dei singoli soggetti, che ora non possono essere superiori al 20% del guadagni del SIC (26 miliardi contro i 12 previsti dalla legge Maccanico)

– introduzione di un termine obbligatorio entro il quale effettuare lo switch-off (inizialmente fissato al 31 dicembre 2006).

PRINCIPALI CRITICHE ALLA LEGGE GASPARRI

La legge, come abbiamo evidenziato a ricevuto numerose critiche. Vi è da sottolineare, però, come non soltanto il sospetto che si configuri come legge ad personam abbia contribuito ad attirare sul provvedimento l’astio dell’opinione pubblica, bensì anche il fatto che non rivoluzioni in maniera adeguata il sistema televisivo.

Queste le principali critiche:

– l’aumento del limite antitrust (il 20% dei guadagni di cui abbiamo parlato) sarebbe in palese violazione del principio del pluralismo sancito dall’articolo 21 della Costituzione

– incentivazione dell pubblicità tramite il canale televisivo a scapito del canale radiofonico

– nessuna indicazione in merito alla tutela dei diritti dei consumatori

– mancata risoluzione del problema dell’assegnazione delle frequenze