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Legge Mammì 223/90 disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato

Dopo aver parlato ieri della Legge Gasparri 112/04, ora trattiamo la Legge Mammì 223/90, “Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato“, che viene sempre indicata come Mammì, dal nome dell’allora ministro delle poste e telecomunicazioni repubblicano Oscar Mammì, primo firmatario della legge stessa.

La Mammì è stata la prima legge organica di sistema che l’ordinamento italiano abbia mai avuto in materia radio televisiva.

L’intento della legge è quella di dare una legislazione minima all’Italia, attraverso l’attuazione della direttiva comunitaria 552 del 1989 C.E.E., “Televisione senza frontiere“.

La Legge Mammì si divide in 5 titoli e 41 articoli, ma quello fondamentale è il Titolo I, che richiama dei valori costituzionali. L’articolo 1 indica che la diffusione di programmi televisivi o radiofonici deve avere un carattere di interesse generale. L’articolo 2 si riferisce al pluralismo dell’informazione.

Dopo l’introduzione della legge è stato deciso di istituire un’autorità Antitrust, mentre la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale il comma 4 dell’art. 15 (le concessioni a un singolo soggetto non possono superare il 25% del numero di reti nazionali previste dal piano di assegnazione e comunque il numero di tre).

La legge obbliga ogni rete ad avere un direttore diverso ed un telegiornale con un relativo direttore, vietando inoltre pubblicità durante i cartoni animati e fissando il massimo numero di spot durante la trasmissione di film.