Che cos’è l’imposta patrimoniale

di Gianni Puglisi Commenta

L'imposta patrimoniale, che grava in maniera indiscriminata sul patrimonio, per quanto esiguo sia, di ogni cittadino italiano, sarebbe la soluzione proposta dalla Lega Nord affinché si raccolgano i fondi necessari alla manovra finanziaria.

In questi ultimi giorni, a causa delle accese discussioni sorte in seno al centrodestra in merito al cosiddetto decreto bis del 13 agosto 2011, che ha apportato le necessarie modifiche alla manovra finanziaria 2011 così come richiesto dalla Banca Centrale Europea (in questi giorni impegnata nel meeting annuale dei banchieri centrali), si è tornato a parlare, molto diffusamente, della temutissima imposta patrimoniale, rispolverata dalla Lega Nord che vede, nel suddetto provvedimento, uno dei pochissimi modi che il ministro dell’Economia Giulio Tremonti avrebbe a propria disposizione per raccogliere i fondi necessari (55,4 miliardi di euro da oggi sino al 2014) affinché venga approvata la manovra finanziaria del 6 luglio 2011.

Ma che cos’è, in fondo, questa benedetta imposta patrimoniale di cui tutti parlano?


Ebbene, come si può facilmente intuire dal nome, la patrimoniale è un’imposta, che di volta in volta può configurarsi quale una tantum, periodica, straordinaria, che va a gravare sul patrimonio personale del contribuente e non già, come solitamente avviene, sul suo reddito.

Questo tipo di imposizione, sebbene se ne parli in maniera sporadica e soltanto in occasioni straordinarie quali la profonda crisi economico-finanziaria che sta vivendo il nostro paese, situazione di enorme disagio accresciuta da un debito pubblico incomprimibile (almeno nel breve periodo), è in realtà notissima ai più: l’Imposta Comunale sugli Immobili, infatti, altro non è che una della più classiche imposte patrimoniali italiane, giacché grava sugli immobili, il patrimonio per eccellenza di ogni famiglia.

Quella di cui si parla in questi giorni, però, sarebbe una patrimoniale straordinaria, un tipo di imposizione invisa alla maggior parte degli italiani poiché grava, in modo indiscriminato, sul patrimonio di ogni singolo cittadino.

In casi come questi, che possiamo definire assolutamente speciali, viene meno qualsiasi principio di progressività o di franchigia ed ogni tipo di patrimonio preso in esame di volta in volta, qualunque sia la sua consistenza, subisce un’imposizione assolutamente arbitraria.

L’imposta patrimoniale, però, viene proposta soltanto in casi di estrema necessità, nel contesto di congiunture politico-economiche di emergenza e di crisi (situazioni che possono verificarsi anche in assenza di fattori scatenanti interni e che non sempre possono essere attribuite al mal governo) che, se non venissero sistemate al più presto, potrebbero sfociare in un vero e proprio default.

In questi termini, dunque, si chiederebbe, ad ogni cittadino indistintamente, un vero e proprio sacrificio personale, necessario, però, al raggiungimento del bene superiore: la salvaguardia della cosa pubblica e il perpetrarsi delle istituzioni.

Il problema, però, è di chiara e di facilissima individuazione.

Moltissimi italiani, infatti, non avrebbero dimenticato (e non vi è motivo alcuno per cui possano mai farlo) l’imposizione patrimoniale del 1992.

In quell’occasione, infatti, ogni conto corrente domiciliato in Italia subì un’indiscriminata imposizione fiscale pari al 6 per 1.000.  Cifra irrisoria, sicuramente, ma che moltissimi vorrebbero che non si ripetesse mai più.