Taglio dell’IVA, difficile attuarlo in Italia

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Ma come può uno Stato privarsi di così tanti introiti in questo momento di crisi acuta?..

Nel Regno Unito si usa fare così. Sarà perché è una monarchia, o forse perché è un Paese che non ha mai amato le novità, ma i sudditi di Sua Maestà potranno godere, in concomitanza con le grandi spese natalizie, di un taglio netto della VAT (l’IVA nostrana) pari a 2,5 punti percentuali, facendo decrescere l’imponibile fino al minimo consentito dall’UE, ovvero al 15%.
Il Tremonti anglosassone, tale Alistair Darling, presenterà quest’oggi il suo piano fiscale nel corso del G-20 che si sta ora tenendo a Washington.

Ma come può uno Stato privarsi di così tanti introiti in questo momento di crisi acuta?
La risposta è semplice, e può apparire anche banale: le Sterline non incassate tramite VAT, verranno riscosse con l’innalzamento delle aliquote fino al 40-45% rispetto a quelle attuali, per tutti quei cittadini il cui reddito superi le 150mila Sterline annue, pari a 176mila Euro.


Francia e Germania hanno già bocciato questa proposta di taglio generalizzato dell’IVA, asserendo che non è possibile essere certi di chi si avvantaggerà di questa situazione.

E l’Italia? Il Paese del lavoro sommerso, degli scontrini non battuti e dei condoni, è stato ieri posizionato al 78/o posto della speciale classifica redatta dal Business International sull’efficienza dei sistemi fiscali nel mondo.


Ottantadue Paesi sono stati messi sotto la lente d’ingrandimento, ed il nostro è stato posto così in fondo a causa della politica federalista che si vorrebbe attuare, che di per sé è cosa non criticabile, ma non come la si sta facendo ora. Difatti il taglio dell’ICI, con conseguente mancato introito nelle casse dei comuni, ha fatto sì che questi ultimi debbano dipendere ancor più dallo Stato centrale, contraddicendo il concetto federalista, e facendo slittare l’Italia dietro a Paesi come Lettonia e Thailandia.