Un fiume di denaro verso Roma Capitale

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Ma per Roma dovrebbe essere l’ultima volta: con il riconoscimento dell’autonomia, essa potrà gestire liberamente le proprie..

Sarà uno dei punti più innovativi della riforma dell’assetto dello Stato in senso federale. Sembra ormai vicino al traguardo un’idea già sostenuta da tempo da esponenti politici di ogni colore: quello di riconoscere al Comune di Roma uno status che la distingua da tutti gli altri Comuni d’Italia, per attribuire alla capitale del Belpaese un rilevante grado di autonomia che riconosca la sua centralità politica, storica e culturale.

Si parla già, negli ambienti della politica, di “Roma Capitale”, intendendola secondo un profilo di netta autonomia, forse assimilabile a quella della città di Washington, in America, non appartenente ad alcuno dei cinquanta Stati bensì capoluogo di un distretto federale a sé stante.


E verso Roma Capitale dovrebbero ben presto affluire somme molto ingenti dallo Stato centrale, circa mezzo miliardo di euro, per ripianare la pesante situazione di deficit nei bilanci comunali; altri centoquaranta, invece, affluiranno ad un’altra città in condizioni critiche, Catania.

Ma per Roma dovrebbe essere l’ultima volta: con il riconoscimento dell’autonomia, essa potrà gestire liberamente le proprie entrate e uscite facendo conto sulle proprie risorse, e dunque non utilizzando più trasferimenti statali.


Roma Capitale avrà ampie competenze di tutela del proprio patrimonio artistico e culturale, ma anche si occuperà anche di difesa ambientale e sviluppo turistico. È allo studio un decreto legislativo, di attuazione dell’emananda legge sul federalismo fiscale, per attribuire già nei prossimi mesi questo particolarissimo status giuridico alla città sul Tevere.

Ma sono moltissimi i tecnici del diritto che lanciano un grido di allarme: un decreto del genere sarebbe assolutamente illegittimo, data la Costituzione vigente. Impossibile, quindi, far nascere Roma capitale senza prima intervenire pesantemente sulla Carta fondamentale.