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Il bollettino BCE sull’Italia

Le richieste di Bruxelles per l’Italia non si fermano. A conti fatti, in un momento economicamente così preoccupante sia per il nostro Paese che per tutta l’Eurozona, uno dei comandamenti più diffusi è proprio l’invito alla coesione delle forze politiche e l’adempimento agli obblighi comunitari. E, in occasioni del genere, quando si parla di obblighi comunitari il pensiero corre direttamente sia a questioni di natura politica, ma soprattutto, in primo luogo alle raccomandazione che vengono ciclicamente prodotte dalla Banca Centrale Europea. E nostro obiettivo di oggi è offrire una sintesi ed un’analisi di contenuto ai principali dettami della BCE sul nostro Paese.

Il rapporto deficit-Pil

Il dato ufficiale cui stiamo facendo riferimento nell’occasione è quello che si riferisce al bollettino mensile della Banca Centrale Europea che offre dell’Italia un’immagine contrastante e contraddittoria con qualche rilievo estremamente positivo ma anche con più di un richiamo. Iniziamo per una volta dai commenti positivi ovvero quelli che la Banca Centrale Europea ha legato al nostro Paese in merito allo storico vincolo del 3 per cento che intercorre tra deficit e Pil. Significa che l’Italia è uno dei pochissimi Paesi all’interno dell’Eurozona il cui deficit non ha superato il limite del 3% del Pil insieme a Germania, Estonia, Lussemburgo, Austria e Finlandia (leggi anche: La flessione dei consumi ad aprile).

La recessione

I problemi cerchiati in rosso dalla Banca Centrale Europea nel suo bollettino mensile in merito all’economia italiana sono differenti e riguardano altri aspetti, quali, ad esempio, la recessione cui stiamo assistendo impotenti da troppo tempo. Del resto è sottolineato come assai rischioso il fatto che il nostro prodotto interno lordo sia in calo addirittura da sette trimestri e che la crescita dell’ultimo decennio sia stata una delle più lente in giro per il Vecchio Continente. Prova ne sia l’illuminante dato sulla questione della flessione delle esportazioni italiane al livello mondiale in un periodo di riferimento abbastanza lungo come quello scelto per l’occasione, cioè il periodo 1999-2012. In questi circa 13 anni, infatti, l’Italia ha fatto registrare tra i Paesi dell’Eurozona la decrescita più significativa delle quote di mercato di esportazione su scala mondiale (leggi anche: Il rapporto di Confindustria sul manifatturiero).