Scontro Grillo – Bersani dopo le consultazioni

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Il primo round Bersani l’ha perso. O meglio, è difficile dire se l’abbia perso esclusivamente il leader del Partito Democratico e la sua coalizione oppure, in un certo qual modo, l’abbiano perso tutte le forze politiche. A conti fatti è da un mese o poco più, vale a dire da quando i risultati elettorali sono stati resi pubblici, che si fa un gran parlare di Paese spaccato, di paralisi istituzionale e che si cerca di declinare in tutti i modi il concetto di ineleggibilità. Ulteriore riprova l’esito negativo de Le consultazioni di Bersani.

Il primo giro di consultazioni

Ovviamente non dipende solo da Grillo se Bersani non ha incassato la fiducia. Ed è altrettanto ovvio che l’esito negativo e il tono dimesso – quasi rassegnato a dire il vero – con cui il leader del Partito Democratico è salito al Quirinale non dipende solo dai discorsi con i rappresentanti del Movimento a Cinque Stelle (leggi anche: Dal M5S nessuna fiducia a Bersani). Fatto sta che negli ultimi tempi, in un modo o nell’altro, è sempre Beppe Grillo a smuovere le acque attirando l’attenzione ora dei suoi avversari ora della stampa. L’ultima provocazione spiattellata sul suo blog è ammantata di un involucro di diritto costituzionale: nei fatti, Grillo sostiene che un Parlamento può operare anche senza un esecutivo in carica. E, tra l’altro, è quasi passato in secondo piano che il governo tecnico del premier dimissionario Mario Monti, da un punto di vista almeno formale, è assolutamente in carica.

Più Parlamento e meno Governo

Nell’occasione, a supporto della (quasi) priorità del Parlamento nei confronti del Governo, Grillo ha inteso ribadire la centralità del Parlamento nella vita della repubblica italiana. E, nel contempo, ha anche inteso spiegare attraverso la citazione degli articoli 76 e 77 della Costituzione come il Parlamento può discutere in piena autonomia leggi e proposte di legge senza la necessità di un governo in carica. E, di conseguenza, il leader del Movimento a Cinque stelle ha rifiutato col consueto nerbo di far passare l’idea di un Paese immobile e in balia di spread e agenzia di rating.