I motivi della contrarietà di questi Paesi sono evidenti: si tratta di economie molto fragili, non in grado di affrontare i pesanti..
Innanzitutto, Berlusconi pone l’accento sulla gravissima e duratura crisi finanziaria dall’entità ancora incalcolabile, che già dì per sé mette in pesante difficoltà qualunque impresa, rendendola dunque ancora più impreparata a sopportare gli oneri legati alle misure contro l’emergenza climatica.
Ma c’è anche un secondo fattore da non sottovalutare, e cioè che in questi giorni all’Italia si sono affiancate ben nove altre nazioni. Si tratta per lo più di Paesi provenienti dall’ex blocco di Varsavia e capitanati dalla Polonia, il cui premier è forse persino più agguerrito di Berlusconi sul tema.
I motivi della contrarietà di questi Paesi sono evidenti: si tratta di economie molto fragili, non in grado di affrontare i pesanti oneri della riconversione industriale, e oltretutto la principale fonte energetica di quelle nazioni è il carbone, il cui utilizzo dovrebbe secondo Bruxelles venire drasticamente ridimensionato.
Il nostro Presidente del Consiglio segnala dunque che la posizione del Governo italiano non è affatto isolata in Europa, e si prepara a dare battaglia.
A dicembre si aprirà il tavolo tecnico che dovrà indicare le misure precise da adottare per soddisfare gli obiettivi del piano “20-20-20”: in quella sede, l’Italia e i suoi alleati chiederanno una maggiore flessibilità del piano e una più equa ripartizione dei costi.
Berlusconi ha dichiarato che è sua intenzione giungere ad un nuovo accordo che sostituisca il precedente e che accontenti tutti; ma ha anche dichiarato che se così non avverrà, sarà pronto ad utilizzare il suo diritto di veto.