Procreazione assistita la Corte di Strasburgo boccia la legge 40

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In appello la Corte Europea di Strasburgo boccia la legge 40. Ennesima brutta figura per il governo Berlusconi che varò questa legge contro una forte opposizione nel 2004

 Nuovamente bocciata la legge 40 dalla corte europea dei diritti umani di Strasburgo. Dopo la prima bocciatura del 28 agosto scorso, l’Italia aveva chiesto il riesame della sentenza che oggi è stata ribadita, rigettando così nuovamente la legge che andava a regolamentare la procreazione assistita in Italia.

I giudici di Strasburgo si oppongono così al ricorso Costa-Pavan, aprendo così di fatto la possibilità di introdurre anche in Italia una regolamentazione a favore della procreazione medicalmente assistita, nonché alle diagnosi preimpianto alle coppie affette o portatrici sane di malattie genetiche.

La Corte Europea ha sottolineato l’incoerenza del sistema legislativo italiano in materia di diagnosi preimpianto. Secondo i giudici, la mancanza di coerenza è determinata dal fatto che da un lato si vieta la diagnosi preimpianto per le coppie portatrici di malattie genetiche e però dopo si da la possibilità di abortire il feto affetto da una patologia.

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Grande soddisfazione è stata espressa anche dagli avvocati Filomena Gallo, segretario dell’associazione Luca Coscioni e Nicolò Paoletti difensore della coppia Costa-Pavan, dal quale era partito il ricorso. Entrambi ritengono la bocciatura del ricorso del Governo come un obbligo ad adeguare la legge 40 alla Carta europea dei diritti dell’Uomo, dando così la possibilità anche alle coppie fertili ma portatrici di patologie trasmissibili di poter avere figli senza paura.

Quindi toccherà al nuovo governo regolamentare la materia, in linea con le indicazioni europee. Un’ennesima sconfitta per il governo Berlusconi che varò questa legge il 19 febbraio 2004 nonostante la forte opposizione di comitati scientifici che già all’epoca allertavano i legislatori dell’incopatibilità con le norme internazionali europee. Fu addirittura depositato in Parlamento da parte dei radicali un referendum abrogativo.