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Liberalizzazione dei servizi

Nel 2004 il commissario europeo per il mercato interno, Fritz Bolkestein, si mise alacremente a lavorare su un testo che completasse la liberalizzazione dei servizi verso le imprese e i consumatori, ancora sottoposti a numerosi vincoli nei vari Paesi dell’Unione.

La direttiva Bolkenstein entrò in vigore solo due anni dopo (n. 123/2006), e tuttora in molti Stati, fra cui l’Italia, la sua applicazione è stata molto carente, ma il ministro per le Politiche Comunitarie, Andrea Ronchi, intende accelerare i tempi e varare un decreto legislativo onnicomprensivo entro la fine di quest’anno.


La corsa è inevitabile, dato che l’Italia fin troppe volte ha dovuto pagare multe salatissime per i suoi ritardi nell’adempimento agli obblighi comunitari.


Il contenuto della direttiva è sterminato. In sostanza, si cercherà di eliminare un’infinità di lacci e lacciuoli nell’accesso e lo svolgimento della generalità delle attività economiche, fatte salve alcune eccezioni riconosciute come tali per il ruolo pubblico ricoperto: per esempio le farmacie, le banche, le agenzie per il lavoro, i notai, gli avvocati.

In realtà, il grosso dei vincoli da eliminare dipende da norme regionali. L’esercizio del commercio, infatti, è oggi in gran parte affidato alle leggi stabilite a livello locale, sia pure in un quadro statale generale.

Presumibilmente, il decreto legislativo fisserà una scadenza entro la quale le Regioni dovranno adeguare le loro leggi ai dettami della direttiva Bolkenstein: scaduto il termine, le norme incompatibili decadranno inderogabilmente.

Gli analisti si stanno in questi mesi sbizzarrendo a individuare le leggi regionali più a rischio: come il rigorosissimo numero chiuso per l’apertura di edicole nel Lazio, oppure il divieto vigente in Lombardia di esercitare commercio al dettaglio e all’ingrosso nello stesso locale.