Brunetta difende la sua proposta sulle pensioni

di Redazione Commenta

Quanta ipocrisia, quanta superficialità, quanta arroganza dai nostri soloni e soloncini di destra e sinistra..

Renato Brunetta non ha preso bene le numerose levate di scudi contro la sua proposta di parificare l’età pensionabile di uomini e donne, elevando quella di queste ultime.
In un’intervista a “Repubblica”, il ministro della Funzione Pubblica ha difeso strenuamente la sua proposta, utilizzando toni piuttosto duri contro i suoi critici.

“Quanta ipocrisia, quanta superficialità, quanta arroganza dai nostri soloni e soloncini di destra e sinistra!


Ma andate a studiare prima di parlare!”, ha esordito il ministro senza nascondere la sua indignazione. Una stoccata è riservata al collega di governo Calderoli, che aveva definito la proposta “una battuta”: per Brunetta, questa frase “non fa onore alla sua genialità”.

Ma le bordate maggiori sono riservate all’opposizione, “i veri conservatori”. Per Brunetta, gli esponenti di centrosinistra dovrebbero avere “il coraggio di dire chiaramente che per loro la donna dev’essere l’angelo del focolare”.

Non sono risparmiate critiche nemmeno ai sindacati, da cui sarebbe “arrivata una risposta culturalmente debole e fragile”.

La sentenza della Corte di Giustizia da cui tutto nasce parte dall’assunto che la differente età pensionabile costituisca una discriminazione, e per il ministro questo verdetto può essere il trampolino di lancio perché l’Italia “rifletta sulle proprie follie”.


Brunetta ha elencato diversi elementi del nostro sistema di welfare a suo giudizio distorti, dalle spese eccessive per la cassa integrazione a quelle troppo ridotte per il sussidio di disoccupazione e gli asili-nido. “Nel nostro welfare ci sono figli e figliastri”, ha tuonato, e l’anticipazione del pensionamento delle donne è “l’ennesima beffa”, perché il trattamento pensionistico è per forza di cose inadeguato, stanti i minori contributi versati.

Brunetta si è infine sbilanciato su una previsione di grande impatto: riscrivere completamente l’architettura del welfare consentirebbe di avere due milioni e mezzo di posti di lavoro in più.