Indennità di cassa, a chi spetta e come funziona

di Daniele Pace Commenta

Forse pochi sanno che quando si maneggia del denaro sul posto di lavoro per conto dell'azienda, vi è un'indennità specifica per cui bisogna essere retribuiti.

Forse pochi sanno che quando si maneggia del denaro sul posto di lavoro per conto dell’azienda, vi è un’indennità specifica per cui bisogna essere retribuiti. È la garanzia, per il lavoratore, contro i suoi sbagli contabili per cui verrebbe chiamato a rispondere. Naturalmente, questa indennità è destinata ai lavoratori che svolgono mansioni in cui vi è una gestione dei pagamenti continua per conto dell’azienda, e non occasionale. Un esempio è l’impiegato contabile addetto al pagamento dei fornitori, o ancora il cassiere di una banca, ma anche ai tesorieri che devono custodire i denari dell’azienda o sono incaricati di transazioni internazionali con relativi cambi di valute. Per quanto riguarda gli ammontare delle indennità, il riferimento è al contratto collettivo nazionale di categoria, ed è generalmente una percentuale dello stipendio base, anche se alcuni contratti prevedono un indennità fissa. Il datore di lavoro non può corrispondere somme inferiori a quelle stabilite dai contratti collettivi, mentre può, come incentivo, maggiorare l’indennità minima. Per il terziari e il settore commerciale, l’indennità prevista è il 5% dello stipendio base. In casi di ammanchi di cassa, abbastanza frequenti e non tutti per dolo, i provvedimenti dell’azienda devono essere proporzionati alla gravità del fatto. La legge infatti riconosce i piccoli ammanchi o gli episodi singoli come “normali” e non giustificativi di un licenziamento, che può scattare solo quando la gravità degli episodi è tale da non consentire la prosecuzione dei rapporti contrattuali.