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Incostituzionale l’IVA sulla tariffa dei rifiuti

Le casse dello Stato ritornano a tremare: la Corte Costituzionale ha infatti stabilito che la T.I.A., la Tariffa d’Igiene Ambientale, è a tutti gli effetti una tassa e dunque il suo importo non costituisce base imponibile per l’IVA.

Facciamo un passo indietro: la legge prevede che progressivamente tutti i Comuni abbandonino la vecchia Tarsu (la tassa comunale sui rifiuti solidi urbani) per adottare la T.I.A., che si basa su presupposti e metodi di calcolo parzialmente differenti. Sennonché, i Comuni hanno sempre adottato sulla Tariffa un’IVA pari al 10%, considerandolo come un servizio offerto ai cittadini.


La Consulta, invece, con la sentenza 238/2009 ha ritenuto che, comunque la si guardi, anche la T.I.A. è un tributo a tutti gli effetti, poiché non vi è sostanziale corrispondenza fra il suo importo e il servizio effettivamente offerto al cittadino, dato che la Tariffa presenta, accanto ad una quota “personalizzata” per tipologia di cittadino, anche una componente fissa e comune a tutti.


Non essendoci dunque un’autentica prestazione di servizi in senso imprenditoriale viene a mancare il presupposto per l’applicazione dell’IVA, che dunque è illegittima.

Questo non comporterà, probabilmente, grandi vantaggi per i cittadini in ottica futura, poiché presumibilmente i Comuni si troveranno costretti ad aumentare la Tariffa per compensare il mancato futuro incasso da IVA, necessario per compensare l’imposta sul valore aggiunto sostenuta sui costi verso i propri fornitori, che a questo punto per i Comuni diviene indetraibile.

Ma con riferimento invece agli anni passati il discorso è ben diverso: i cittadini che hanno versato l’IVA sulla T.I.A. si trovano ora ad avere tutti i diritti di pretenderne il rimborso. Al ministro Tremonti spetta ora il compito di stabilirne i tempi e le modalità.