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Alitalia, torna la bufera

Da qualche settimana non si parlava più del caso Alitalia, e sembrava proprio che la questione si potesse considerare ormai risolta e accantonata. Che fosse una pia illusione lo si è scoperto nell’ultimo weekend, con il riesplodere improvviso e tesissimo delle vicende sindacali.

Il primo segnale del riaprirsi di vecchie ferite si è avuto giovedì 30, con la rottura al tavolo delle trattative fra l’amministratore delegato della neonata Compagnia Aerea Italiana (CAI) Rocco Sabelli e il cartello che raggruppa le nove sigle sindacali che ai primi di ottobre, dopo un’interminabile trattativa, avevano alla fine raggiunto l’accordo sulla piattaforma contrattuale da adottare, con la mediazione del Governo.


Sennonchè, giovedì Sabelli si è alzato dal tavolo dopo una serata rovente di discussioni con i sindacati: era in corso la stesura del contratto, cioè il recepimento concreto e dettagliato di quanto concordato.

È difficile sapere come siano andate esattamente le cose, poiché Sabelli ha accusato i sindacati di non voler procedere – al contrario di quanto già concordato – alla drastica riduzione delle giornate di permesso sindacale per i dipendenti, mentre le rappresentanze dei lavoratori, sdegnate, hanno rinviato al mittente l’accusa e hanno rilanciato sostenendo che invece è stata la CAI a rifiutarsi di rispettare alcuni punti contenuti nell’intesa già raggiunta, come le regole per le nuove assunzioni, e aggiungendo che sarebbe quindi la Compagnia a cercare la rottura addossando la colpa alle controparti.


Comunque sia, le divergenze parevano essersi appianate già il giorno successivo, ma a quel punto sono state le rappresentanze autonome di piloti e assistenti di volo a staccarsi dall’alleanza con gli altri sindacati e rifiutarsi di firmare. Mentre infatti CGIL, CISL, UIL e UGL hanno trovato l’accordo con la CAI, sono stati piloti e assistenti a non essere convinti dei termini della ritrovata tregua.