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Efficacia ed effetti della riforma del lavoro

La rottura, marcata, tra la CGIL e gli altri sindacati confederali, ovverosia CILS e UIL, e quella, maggiormente sfumata, tra questi ultimi ed il Governo Monti, sembrerebbero definitive e, purtroppo, definitivamente irreparabili.

Colpa, come ricordato ormai in innumerevoli occasioni, della possibile abolizione dell’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (o, per lo meno, dell’abolizione della forma con il quale sarebbe oggi conosciuto in Italia ed il Europa) ma anche, e soprattutto, della determinazione del Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Monti che dopo molti, forse troppi, anni di concertazione con la parti sociali intenderebbe scardinare codesto meccanismo, ormai giunto alla propria naturale conclusione, con la speranza che i finanzieri di tutto il mondo, apprezzando questa svolta decisionista / europeista dell’esecutivo, tornino ad investire in Italia.

Stanti così le cose, dunque, due sarebbero gli scopi che il Governo Monti si prefigurerebbe di raggiungere grazie all’approvazione della discussa e discutibile riforma del mercato del lavoro del ministro Elsa Fornero:

– riconquistare il perduto prestigio internazionale grazie all’importantissimo e fondamentale rilancio dell’economia italiana in Europa e nel mondo

– rilanciare il mercato del lavoro italiano grazie alla riduzione delle forme contrattuali ed alla creazione di nuovi posti di lavoro.

Resta da chiedersi, a questo punto, se gli obiettivi del governo siano condivisibili (ovverosia se vi sia ancora da discutere sul merito della riforma del lavoro e, soprattutto, della riforma del welfare) e se possano venir realizzati grazie agli strumenti messi in campo da Mario Monti e dai propri tecnocrati (ovverosia se vi sia ancora da discutere sul metodo attraverso il quale l’esecutivo starebbe cercando di raggiungere i su indicati scopi).

Codeste domande rimangono oggi, purtroppo, senza una risposta definitiva (giacché solamente il tempo ed il giudizio dei posteri potrà dare atto della riuscita piuttosto che della disfatta del Governo Monti e, più in generale, dell’Italia).

Vorremmo però comunque provare a rispondere invitandovi a riflettere su alcuni dati che, a nostro avviso, sarebbero da considerarsi oltre modo significativi:

– la riforma del lavoro, così come sarebbe stata sino ad oggi elaborata, convincerebbe, completamente, solamente il Governo Monti e parte dell’attuale maggioranza parlamentare

– i mercati italiani ed europei, purtroppo, sembrerebbero non aver ancora completamente recepito la presunta bontà della riforma e, sino ad oggi, non avrebbero fatto altro che penalizzarci pesantemente.